“La Gazzetta dello Sport” riporta una testimonianza strappata ad un uomo arrivato sul luogo dell’incidente subito dopo la tragedia: l’autista del furgone, un amico della famiglia Scarponi, batteva la testa contro il muro ripetendo “Sono morto anche io”.
La dinamica dell’incidente che sabato mattina ha portato via Michele Scarponi, investito da un furgone mentre si stava allenando sulle strade della sua Filottrano, è ancora da ricostuire con chiarezza, ma, in questo momento, la cittadina delle Marche deve convivere con il dolore di due famiglie: quella di Michele, che ha lasciato la moglie e due figli, e quella “dell’uomo del furgone”, ancora senza un nome e cognome, ma che i quasi 10.000 abitanti di Filottrano conoscono perfettamente.
“La Gazzetta dello Sport” riporta una testimonianza di un uomo incrociato nell’ospedale “Le Torrette”: non ha visto in prima persona la scena, ma abita vicino al luogo dell’incidente, che ha potuto raggiungere in pochi secondi. “Il conducente era lì – ha raccontato -, batteva la testa contro il muro a ripetizione, era disperato. Diceva qualcosa del tipo: sono morto anch’io”.
L’uomo del furgone, 57 anni, è un amico della famiglia Scarponi, una rivelazione che tinge la tragedia di una nota – se possibile – ancora più triste e crudele: nel corso del primo interrogatorio dei carabinieri, avvenuto sul luogo stesso dell’incidente, aveva risposto di non aver visto Michele in bicicletta, abbagliato dal riflesso del sole già alto nel cielo. Negativo l’alcol-test cui è stato sottoposto.
fonte: eurosport